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Full text of "D. Giovanni d'Alverado, con Pulcinella rivale d'uno spadaccino, Ganimede affettato, e duellista per necessita farsa nuova di un atto in prosa"

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. WF ■ 

SFl». GIOVANNI 

D’ ALVERADO 

* 

• coir 

» • ** 

SPWJLtBasraJL&A 



RIVALE d'uNO SPADACCINO, GANIMÈDE AF- 
FETTATOLE DUELL1STA PER NECESSITA'. 

• . 

V ' 

f 

• • . , • ■ 

Farsa nuova di un atto in prosa , 

I 

ib*- > — * 


Presso Giuseppe d’ Ambra 
Stralici portacarrese Montecalvario nani. I. 
dirimpetto al Ponte di Tappia. 

J848 

’Digilized by Google 


t 



D. GIOVANNI: 

D, ALFONSO padre di 


ELEONORA 
D. LOPEZ 

-, ~ r » f * : 

/ -, » 

COLOMBINA • 
PULCINELLA 




La scena è in /Milano^ 




I 


3 


ATTO UNICO 

SCENA PRIMA 

Notte , ^Strada eoa casa. 

B. Giovanni , poi Pulcinella prima dentro 
poi fuori . 

.Si, 


G/o. CJieguimi Pulcinella. 

Pul. di dentro. Mo , ca no nce veco. 

Gio. Vieni alla voce* 

Pul. Io non beco a te corame aggio da vede la 
voce? inciampa e cade. Noce de lo cuollo. 

i. Gio. Che fa ? 

^Phl. fuori.. Ah si Patrone mio., 

Giq. Che ti accadde ? 

Pul. Uh , uh , mannaggia la Natura. 

Gio. Perchè ti lagni della natura ? 

Pul. E mme lagno a ragione, perche fa le co- 
se storte. Gio. Come! 

■J**L j? .ionro Dimmi na cosa, ]à natura quatt- 




w v W * V • ■ 

sicuro Dimme ne 
"t^uocchie nc 1 ha date? 


Gio. Due. Pul . Addò V ha puoste ? 

Gio Solfo la fjonte. . c « 

Pul. Ed ecco che ha fatto le cose storie. 5e in- 
véce de metterle tutte duje nfronte, nce n aves- 
se puosto uno- nfronte , e n T auto mpotit a lo 
pede, lo pede vedeva la preta e. non me fa- 
ceva cade a rhe poverommo. ... 

Gio Eh , che dici sciocco. Va Pulcinella per 
quanto mi è stato detto qui deve star la casa 
del signor D. Alfonso Mendozza , va credo 
che sia quella,, bussa, ed avvisagli della mia 
—--venula. ... \ * . >_• 

Pul. Io mo all 1 oscuro addo vaco n trova la Wia 

de sto Fonzo Smerdozzo. 

Gio. Va , o ti fracasso le ossa di legnate. 

Pul. Vi che nun’ è dato a me poverommo. 
si avvia per bussare. 


I 


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,, SCENA U. 

, Colombina di dentro , poi D. Lopez, 

:L Pr,e,,0 D * L ,°P' ez ’ ì eltiieYe da C0 PP'a ba- 
roZitVV? n add ° na ,0 P atr0Qe io •• cl 

I rosata , e buje site acciso. 

? X °P * «* dentro. Ecco mi, butto. 

n / »» . ^ butta , erf esce fuori. 

Pul. Mamma mia . . Chi è llbco ? 

.ni., SU S3rk *' ,ervo - Sa PP‘ car ° servo che 
«una questa 0 otte mi son tra .tenuto nelle stan! 

* ; 1 U - h,tOD " rj » e Sorpreso dal genitore, 
mi son dovuto buttare dal balcone I ■ 
ut. L a me che rame ne m porla- 

^3 S * palrò*» 000 è U T .(« 

IjJx , Grò. Pulcinella? 

Jul. Addò sla)e( G,0. QuV. • 

a d“ Gwantd. ’ * *“ mana in bacca 

OlO. Eh . r * 

P t ZriT 10 ’ So chi “‘° « I» 

0,0 Quest, i I, mi , bocca _ 

XL 5,C0Ì °i,r E atld -% e Ch!a ^'"— 

A Pararne pte- e s i°pl, ? - ' V 
fu patto co lo Gale.sieVe? ! “* “J e fatl ° 

Gio. sì. ■ Pul ' L 3 i e P a S a '° ? 

%eoJì hU!m a “" iUO, ° ■' ««bbat. 

C/o. Che dici ? ’ 

Dimnie na cosa «,„• » . 

Gio. Da Cremona J “ Je da do s, ®mo partut. ? 

C'U- VSiw"-'.,^- * mi,,e “ a,a “ 00 - 


Pul. Nc’ ha portalo a Corneto. 

Gio. Vale a dire? •*.. 

Pul. Sacce , ca mentre jeva Irovanno la casa de 
lo si Fouzo Smerdozzo , aggio nliso la voce 
de na femmena , che ha ditto. Fuje D. Luffa, 
lassa a D, Pommadora, e ghieitale da copp'a 
Lascio. .• Gio. E poi? 

Pul. E po aggio ntiso no bullo" abbascio e s’è 
accostato a me uno e mm’ ha ditto. Sappi caro 
servo, che io tutta questa notte mi sono tral- 
tenuggialo nelle stanze di D. Pommadora ,. se t 
n’Jè addonato il suo genitorio, e mi soa but- 
tato da un balconio. 

Gio. Come ! Tutto questo hai inteso ? • 

I Pul. Tutto chesto. 

Io sono nelle angustie, ma persuadermi non 
'""""posso che D. Eleonora mi abbia tradito, do- 
pocchè le inviai il mio ritratto. 

Pul. Ah, lo ritratto che le mannaste? 

Gio. Appuuto. Pul. Ride si patro, 

Gio. Perchè ho da ridere?, 

-Q u a u p o tu mme mancaste da Io t pittore a 
piglia lo ritratto, isso mme guardava co n’ uoc* 

chio viecchio. 

Gio. Con occhio bieco vuoi dire. I 

Pul. Gnorsì. Po mme dicette , se io avesse da 
pitta n’acciso, a te pittarria, pecche noe tie* 
De la faccia. 

Gio. Come! E non te ne risentisti? _ ' ,< 

Pul. E perchè mme n’aveva da risentire? „ .. 

Gio. Perchè disse che avevi la faccia di un am- 
mazzato. ^ , 

Pul. No scamazzato. N’ acciso , chillo bello n- 
gliulo che mirannose dinl 1 a l’acqua se nnam- 
moraje d’ isso stesso* ' . 

Gio. Narcisso vuoi dire? 

Pul. Gnorsi. Gio. E bene ? ... 

Pul. E bene , dicette io pittarne quanno e che- 
sio Tanno mme dicette : miettete in Quinto 
Curzio. 




Gio. No, ti avrà detto Tito Litio. 

Pul. In Quinto Curzio, accossì. ti mette in 
posizione. 

Gio. In iscurciO'tooi dire? «j 

Pul. Scolurcio , gnorsì. Gio. E bene. 

Pul. Pigliaje no penniello fino fino. 

Gio. Pennello ad occhio? Pul. Cchiù fino. 

Gio . Pennello a miniatura? Pul. Cchiù fino. 

Gio. Ma pennelli più fini di questi non ve ne 
«ono. / . *. • ' *■ ■ 

Pul. Gnorsì, pigliaje lo penniello de masto Fran- 

. cisco lo Fravacatore , e in doje bolle zaffe 
zaffe mme facette Io ritrattò. Io mmelo con- 
templava, vedeva che Io. naso mio era cchiù 
profilalo de lo tujo , la vocca era cchiù pie- . „ 
cerella , la faccia cchiù aggraziata, e lo front®—* 
cchiù calluio ; pe farle no piacere, tu mme 
diate la lettera apèrta pe metterce Io ritratto 
dinto, e darla a lo Corriere , io invece de Io 
*°i o noe mettette lo mio. 

Gio. Ah scellerato I Ti voglio uccidere . . Come 1 j 
questo facesti ? E che avrò detto D. Eléòno/ n 
ra. in vedere il tuo orrido ceffo ? 

Pul. Avrà ditto ca §’ è nnainmurata de me. 

Gio. Ecco l’effetto del dambio del ritratto. Sì 
ha trovato un altro amante. 

Pul. E tu pe na matita tanto t’affligge , mo 
vaco a lo Ilario de lo Castiello , e t’accatto 
na coperta in vece de na mante. 

Gio. No. Giacche tu facesti lo sbaglio , tu va- 
glio che ne porti la pena , perciò in querto 
momento ti ordino di portarti in casa di D. Al- 
fonso , e siccome ti crederanno D. Giovanni 
per i* anticipazione del ritratto, così dirai che 
tu sei D. Giovanui d’ Alverado, io introdotto 
in casa fingendomi tuo servo di nome Pulci- 
nella, e vedere se mi è stata fedele. 

Pul. Vale a dì ca io aggio da fa D. Giovanni 
e tu Pulecenelia. : 

Gio. Appunto. 



Piti. Io so lo patròne , e la silo servitore? • 
Gio. Appunto. Pul. E n’ è cosa. 

Gìo, Perchè? - 

Pul. Perchè si mo da servitore avanzo tre me- 
sate da te, quanno po sò patrone, l’aggio da 
pagare io a te- « 

Gio. Eh , ma questa è una finzione. 

Vul. Ma tu po saje servì ? 

Gic. Sciocco l Chi sa comandare , sa anche ser- 
vire. Pul. Ne , voglio fa la prova. 

Gre. Benissimo, Pul. Ehi Pulcinella ? 

Gio. Che vuoi ? 

Vul. Piezzo d'animale 1 A lo patrone se dice 
\ che vuoi? Gio. Bai ragione, da capo. 
Pul. Pulcinella? Gio, Illustrissimo. 

V Pul. E no nce polisse mettere na refola d’ Ec- 
cellenza ? 

Gio. Ma io non ho 1’ Eccellenza. 

Pul. E io lo boglio 5 aggio da dà cunto a te. 
Gio. Benissimo. Pul. Pulcinella ? 

Gio. Eccellenza. Pul. É pronto il cocchio ? 
i, 4r?o. Eccellenza si. 

Pul. Ne , che d’ è lo cocchio ? * 

Gio. Lo sterzo bestia. 

Pul. A la faccia de marnatela • • Ehi ? 

Gio. Eccellenza. 

Pul. Preparatemi il Tè, il Ram, il Ciocco latOj 
na caudara de brodo d’allesse, e metteteci dea* 
tro un senso di caso cotto. 

Gio. Ma questo non si costuma Eccellenza. 

Pul. E io lo boglio accostuma , aggio da dare 
cunto a te? 

Gio. Come comanda vostra Eccellenza. 

Pul. Pulcinella ? Gio. Eccellenza. 

Pul. Pulcinella ? ' 

Gio. Eccellenza* si ripetono molle volte con G&i 
ricature , e piano. 


8 * 


SCENA IH. * 

Camera in casa di D. Alfonso. 

Eleonora , Colombina , poi D. Alfonso. 

Eie . Pettegola, ti foglio insegnar la creanza- 
to/ Ajato , ajuto. la balte. 

Alf. Cos’ è questo fracasso ? Appena* alzale ave- 
te principiato a contrastare. 

Col. Sacciate si patri). . 

Eie. Sappiate Signor padre . * 

Col. Voglio parla io. 

Eie. Ho da parlar io ohe sono la Padrona. * 

Col. So stata vattuta . . Eie. Mi ha offesa* 

Alf. Ma figlia mja questo no va bene ; state sem- 
pre come cani e catte. Eie. Ma . » 

Col. AH’ uìlemo eh* aggio mancalo io ? Che Pag- . j 
gio ditto, che essa s' ha da piglia JD. Giovan- 
ne , che no lo vole. 

Eie. No lo voglio, no. Col La sentite? 

Alf. Va Colombina nelle lue stanze , rispetta mia 
figlia ,• e non prenderti più confidenza con lei. 

Col. Vac o. ad Eleonora. (O schiatte o criej>e,j| 

D. Giovanni t’ aje. piglia. ) > via. 

Eie. Ma signor Padre , voi ce ne fate prender 
troppo" a quella pettegola. 

Alf. Ma alla fine poi che ti disse quella infeli- 
ce , che ti devi sposare 0. Giovanni. 

Eie. Caro padre, non credo che vogliate sacri- 
ficare una figlia che tanto vi adora , io ho 
detto che D. Giovanni non mi piace * ed io 
non lo voglio. * 

Alf. Figlia mia, io non voglio sacrificarti > ma 
tu devi prima vedere D. Giovanni. 

Eie. E che necessita ci è che lo vegga, se è 
tant’ orrido , e deforme. 

Alf. Tu qome lo sai ? Eie. Dal ritratto. 

Alf. Ma questo però stimo » che sia stato uno 
sbaglio del pittore. 

Eie. Ciò non può essere , perchè i Pittori cer- 
cano sempre di abbellire * non gi'a deformare 
i loro litratti. 


9 

Alf. Casta. Io ti prometto, che Tenendo D. Gio- 
vanni , e trovandolo deforme come al ritrat- 
to, non te lo farò «posare; . , . > ,, 

Eie. Ora mi parlate da padre amoroso , ed io 
-tutta piena di gratitudine ve ne bacio le mani. 
^ < SCLNA IV. . . , , 

Colombina , e ditti., , , , , k 

Col. Si patrò noe sta Coro D. Lopez lo cepole 

V QOStO. - * \ A v . ; . 

Alf. Digli «be Ito che fare adesso f e. non lo 
posso ricevere.,; f . • , r , t ' t . 

CoL Nce 1’ aggio, diito , e bo trasi a forza. 

Eie. Caro padre, io mi ritiro» ■/.•> u . e j 
Alf. Si , va figlia mia. .* t , ; , 

Eie. Vi bacio le mani. , eutra. } 

^ Alf Colombina , fa che entri mio nipote. , 

: scena v.V -, ,* ; 

i r • • , D. Lopez , e detti. 

Lop. Signor Zio, perchè non m* volevate ri- 
ceverei , « .. . 

Alf E quando sapevi che non ti voleva rice- 
^«r^veie , perchè sei entrato.?; . .. , t/ : 

Lop. Perché ho da parlarvi di premura^ . 

prende la sedia , e siede. Sedete/ t v . 
Alf. Bravo. Sei la adesso il padrone di casa mia. 
Lop. Dovete dunque sapere . . ■». 

*Alf. Devi tu sapere che non. ho tempo da per- 
der teco , ho altro in testa che le tue frivo- 
lezze , mentre ho da pensare al .collocamento 
di Eleonor* mia figlia- . - . . . ;1 f * 

Lop. Corpo della gioventù .! Come J maritata 
mia Cugina, ed a me non se ne passa ravviso! 
jdlf Bravo ! Doveva darne a le 1’ avviso ? 0|r 
via, fuori .ciarle , dimmi ciò che ti occorra t 
o li lascio, e me ne vado- 
Lop. Caro signor Zio, ho bisogno della'-vostra 
proiezione. „ . \ , . ' 

Alf* Tant’è quando si ha bisogno allora si ri- 
corre ai parenti , quando f poi non *e ne ha 
bisogno , allora non si carino^ Baila s®n 

E. Giov . Àlv* . a 


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tio, sèi figlio di mio fratello , « voglio aju- 
tarli. Dimmi ciò che li occorre*! 

Jjop. Caro sig. £io, sappiate che io in Cremeria 
‘ amoreggiava con D. Anna, sorella drD.Gió* 
•‘‘vóhni d’ Alverado>V : .quegli -.appunto cui -ho 
preinteso che vol‘eya‘<e'',dare miaJCugina in ispo- 
[a, e trovandomi a parlar seco una notte sotto 
,J le finestre , fui sorprèso da un' altro seno tra- 
fello, il quale avendomi aggredito, io con un 
c colpo di spada io st-esi'.muto al saoR>.‘ 

Mf. Bravo. Od ora che vorresti? 

/^op: Ho inteso che i pareikti del defunto voglio- 
‘ no fare su di ne vendetta, per cui mi vengo 
a buttare fra le vostre' traccia implorando 
ajulo, soccorso, protezione* * 

• 4lf : Non posso negarti, che mi verrebbe il pen- ■ 
siero di abbandonarti al loro furore, ma per- 
t ©hè sei sangue mio , non -4 e fo. .Rimanti qui 
in càsa mia , Che si vedrà alla meglio come 
rimediare si sente iussprc. a a veder Co* 

; v fdnibina chi sia; - * 1 

dot. Mo vaco, via- ['■ , 

fop. Caro Zio, io latito ve ne ringrazio, e ape- 4 
ro per vostro mezzo/. > ? 

-: i V, • ^ SCENARI.' ’f 

^Colombina , poi D- Giovanni , e ditti . 

Allegrezza si Patrone. JE venuto D. Oio* 

<! vita nò. • ‘i T ’ '• ‘ ' ' ** ' 

W^.' Cóinel Dr.Ginvanni 1 Si vada ad incontrarlo. 
iGto. Riverisco questi Signor». * ..K. »o 

^CrChe bello gióvene ! ) ' ' •/’*> 

Jllf! Oh riverito D. Giovanni . . 

\Sio. Perdonate. D. Giovanni io uon sono ,\ »» 

* 3 beu$à Pulcinella il suo servitore» 

Alf. E d.oy’ è il vostro padrone ? 

Grò. Stà tiiotttandd le scale.- <■■■[- > • ’V V *- 

Alf. Presto D. Lopez , elitra da mia figliar, e 
' 'fa che qu> saporii' j a ricevere lo sposo. 
l Éiop. Vado, entrò. :* * * ’ ’ 

Alf, lo r*d» ad incontrarlo ; ho che giorno di 


felicita e ma» questo, per fpeS$ via. '. 

Coh (Che belle gMen* ch’e alo Servitore, se 
mine volesse, io co lotta ho piacere moie la 

spusarria. ) •. - % v • 

Gio. ( Quella giova*» mi guarda eoa molta aU 

lenzione.) j- ' .' V 

Col. (Le vorrianmenh ,na botta. ) [ vt 

Gio. ( Si fosse innamorata di roe. Ci avre» piace^ 
re , cosi potrei scoprir terreno , circa la eoo»; 
dotta di Di, Eleonora. ) : : 

Col . Patrone mia. . Gio. Servo *ttOr,: ik 
Col. Vuje site nati rato ? : o 

Gio * Maritato con signore.*, ; . i. : . 

Col. Chte peccato 1 no giovene comm • * hnje * 
non ave mogliera l • i ' « .* 

Gio. Eh, che ci bo da fere -t 

Co/* Viije site cammariere /• - * . 

Gio. Sissignore. * Gof. Io puTe so camraererav 
Gio. Me ne consolo. 

Co/. E si vuje mine volarrisseve pe moglienr,. 
bo marame 1 Avite ditto ca me volile 1 . • oh 
che faccia tosta bene mio I Moie so fatta .ros- 
sa rossa. ' i ’• 

G o. ( Bravo I ) Non dubitate buona «giovane 
che io vi prometto appena D. Giovanni avrk 
.sposalo la vostra padrona , voi aacete, spi** 
di Pulcinella. '*■ ; ' * ' • 

Col. Oh Bene mio ! E che consolazione che: 
mme date t Ah che qua n no ve so muglierà te 
voglio fa ire vestalo' d’oro. 

. SCEKA' VII, . : - 

Pulcinella , D. Alfonto ,■ e detti.. « 

Pul. di dentro. Ehi staffieri, Cocchieri, rat»* 
frenierp, earrafp e bicchieri , ; e - * tutte le cote*' 
che fenettero ajere. ; « .« 

Alf. Favorite D Giovanni 1 * ? 1* 

Pul. ad Alf. Vai chi aiate, il mozzo di Italia " 
Alf. Oh , -ha . r Io; sona il padre della aposa. 
Pul. Siete una bestia. . • 

Afl. Grazie. E ptrchhf - * ‘ •' ‘ 1 


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P ut. Perche enWa un Cavaliere mio pari, e uou 
se gli fa trovare" la tavola preparata. v * , . 

Alf. Oh , ho . . Quando sarh tempo sarete 
servito. 

P ul. E chi è coteita piccola pipistrella ? 

Alf* Costei e la fantesca. > 

P ul. Ah , Francesca se chi aroma. 

Col • So la serva Signh. • ; ■ 

Tul. £ se siete serva , io sono un caprio febri- 
citante amoroso, che vorrei faremo ircocerve. 
Tutti Ah, ha . • P ul. Pulcinella/ 

Gio. Signore ? Àlf. Gnò? 

Àlf. Jo chiamo il servo , non voi*. 

Puh E che saccio. (E Lu rispuane subeto n’au- 
ta vota. ) a Gio. - * - 
Alf. Che ha detto il vostro padrone? : 

Gio Ha detto che vuol vedere la Sposa.' 

Alf. La sposa : -eccola appunto. . - 

; SCENA Vili. 

Eleonora , D. Lopez , e detti.- 
Àlf. Avanzati cara figlia , ecco io sposa tuo. 

Inchinati , fagli nn complimento. 

Eie. Serva sua. (Oh Cielo, quanto è deforme !) 
Pul. Patrona mia.: (Oh tèrra, e quant 1 è bona l) 
Alf Sediamo Signori miei. ^Siedono 'tutti , D. 

• Lopez siede ricino ad Eleonora } e P ulcinel 
la resta in piedi. • i , ; 

Puh Asseggettamoce. * 

Alf. D. Lopez , avanzate una sedia per lo sposo. 
fop. Ecco, glie la mette all' ultimo. , .. 

Puh ( Si Patrò ? )>.' ( Gio. Che vuoi ? )' 

Vul. ( Aje utiso , chisto è D. Lotta., chillo de 
sta Dotta . .) • ;v a? i ‘ , 

Gio. ( Fingi., e fallo. , -alzare , perchè .quello è 
luogo tuo.) . k 

Puh ( Vuò che tiro roano? ) i- 
GVo. ( No i, usa un mezzo termine. )/. 1 

Puh Signore /ditemi una; cosa, sapete voi di 
ballo ? a D Lopez . * -, 

Lop. Che domanda 1 Sicuro. • ‘ 


- . . 




« 


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*3 

Vut, E sapete il nuovo Valrerch’fcutcite ? 

Lop. Non snptei. 

PaZ. Adesso Ve lo fò veder io. Alzatevi* 

D. Lopez si alza , Falcinola lo prende per „ 
/a mano, lo fa calzare, e poi siede ni luo~ x 
dì £* Lopez» * \ ìj ; y ■ » ^ 

Lop. Ma questo * « • r M . . . . 

Alf. Ah, ha . .Via, non importa ai potè sede- 
te a quella; sedie* L , yu/l i „ « 

Fui. E così Signori miei.. ' . . > 

Àlf. Prima di lutto , diteme come vi ha por- 
talo il viaggio? ” Tufo Male,;, 

Alf» E come f- , • i - ..r^ » k - * . . 

Fui. Certi piccoli assassini si sono intromessi nell* 
scarpe, è; mi hanno strop peggi aie; le piani#. 
Alf. Assassini ! P ut. Sissignore. 

Alf. Pulcinella?' vi P uU Guò,. 

G io. Signore l < .< . i ; -, . 

Alf. Io non chiamo voi, chiamo il vostro servo* •• 
Gio. Comandate Signore!. .. - , 

Alf Che dice il vostro padrone ? Assassini» 

Gio. Vuol dire, che certi piocoti sassolini si sono 
intromessi nelle scarpe > e gli. hanno danneg- 
giato le piante. . r . ì . . 

Alf. Oh, tassolini^ non gih assassini. . 

G io. Sissignore , il mio padrone è lepido. 

Fui. GnorsV , io so lepre, e buje site no gatto 
* maimone. . »<t; : •’ ■ t ■! 5 . * » 

Alf. Ma come, non avele viaggiato colla posta? 
Pud. GnorsV, la posta jeva nnanie f e ouje je- 
ramo appresso . . - ■ * 

Alf. Pulcinella ? P «I. Gnò» * 

G io. Signore? 

Alf. Che dice il vostro padrone? 

Gio. Vuol dire, che per divertirsi, e dar quattro 
passi a piedi , ha voluto smontare dal legno 
di posta , e si è un poco' danneggiato, 

£1*. ( Oh Cielo , e q nell’orrido ceffo dev T ess#r 
mio marito 1 ) <. , 

Piul, £ cosi mi# signor# ? ad E leandro. 


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,4 

Lop. ''(Voglio domandargli che pensa dell’uccisore 
di suo fratello.) D. Giovanni, eoa parola! 

Vul. Che 'bùfr Lop. Una parola* 

p u l. va da D. Lopez. Che t’ accorre ? 

Lop. Qual Città vi fu patria? 

Vul. Senza parlare va da D.-Oiovanni, e così 
fa sempre. (Ne, cbillo vo sapè quanto fu ci- 
tato pat«to! : ' • ''* • ' . 

G io. (Avrà detto qual Cittì» vi la patria !) . 

Pai. (Se.) \ . /• 

Gio. (Cremona, non lo sai tu bestia. ) > • > 

Fui. va da U. Lopez. Treminone , non la sai 
tu bestia. E mi riposo va a sedere . 

Itop. D. Giovanni un’ altra parola. 

Pul. E no moie le potive dicere tutt’ assieme. 

va come sopra. J - * 1 • 

Lop. Avete avuto mai altri fratelli? 

Vul. ( Avete avuto mai altri fragnenti ? ) 

G io. ( Ah 1 Digli che uno.) 

Vul. a D. Lopez. Ah ! Digli che uno. E cosi 
Signori miei . ,i ‘ ; " *“■'* 

Lop. D. Giovanni, un 1 altra parola* ' > - ■- 

Vul. alzandosi. Oh r lo ssaje ca mm’ aje rotte 
tre corde , e la quarta poco tene.; • * 

Lop. Ditemi che n é di questo vostro fràtello?. 
Vul a D. Giovanni. ( Che n’è di questo vostro 
fragnente ?) K r *> ' ' . > 

Gio. ( Oh rimembranza funesta ! Digli che fa 
ucciso. ) ■ ■ -> ^ ' 

Vai. a D. Lopez. Oh na panza de menesta !j 
x Dille che fuss’ acciso. E mi riposo. . . o • ^ » 
Lop. Nè si A mai saputo chi fu l’accisor di vo- 
stro fratello ? 

Gio. No, che se D. Giovanni saputo IViresse , 
avrebbe compita su di lui la sua Vendetta. 
Lop. E che c’ entri tu vii servo a rispondere ? 
Gio. Son servo è vero, ma fedele ed affeziona- 
to al mio padrone, e non posso veder oltrag- 
giato il suo onore , nè la sua persona. 

Lop, lo »«n mi degno teco altercare. Ebbene 



1 5 

I>. Giovanni , ..sappiate- che io fori di Toitro * 
fratello Y uccisore, ed io ramante di vostra i 
Sorella, • - Pii!- Tu?- Lop . Io. 

P ut. £ a me che mine ne preme. ' 

Alf. Ah imprudente 1 

Eie. Caro Padre , io mi ritiro. via. 

Al/. Si figlia mia. Gol. lo puro si patrò; ria. 

Alf. Andate , andate , e tu nipote . . 

Lop. Ed ecco che in questa casa vi sfido a duello,*» 

G io. a Pai. (Accetta si, accetta.) .* ; 1 •! 

Pul ( Accetto li muorte de mammeta. ) 

Alf E bene, io vi assegnerò la stanza per dnel- 
larvi. Nipple ritirati, e voi D. Giovanni giac- 
. chè siete stato sfidato , accettate il duellò. 

Già. e. s. ( Accetta , accetta, ) 

Sissignore , io accetto.' ( Vnè sta frisco. ) 

Lop. E bene, vado 4 ad armarmi, vi ttendo nella 
stanza terrena* Pul. No nee vò auto. 

Lop. Addio D. Giovanni, ria con Alfonsa* 

Pul. Lo Cielo te scaoza de salate e bene, per 
spogliarsi . Si patrò 4 levarne sta castellana da 
cuollo. G io. Come? »■ i 

Pul» Pigliate D. Giovanne tujo;ca io mme ten- 
go Puleceuella mio. ; G io Che dici?*’ * 

Pul. E buò che -chillo m’accide? ^ ivi 

G io Ti darò tre ricordi, acciò possi salvarti. 
Difendili per non essere offesso, uccidi per 
non essere ucciso , e portami la risposta.- 
Pul. E si chillò m’ affeune * pe no mme fa <r*- 
fennere , mm’ accide pe non essere ucciso , 

«hi te la {torta la risposta h< ' h . ... 

Gto. Eh sciocco, credevi tu che volessi compro- 
mettere il mìo onore eolia tua balordaggine. 

Ecco come devi fare per esser sieuro. Appena 
verrà D. Lopez tu mostra coraggio, poi doman» 
dagli comfruccise il suo nemico, egli dirà certa- 
mente all’oscuro} allora fasrooraare i lumi» riti- 
ra ir che io mi avanzo, e combatto in vece tua. 

Pul. Oh , mo y* buono- Ma guè , no» av>se* 
da veuY? *■' 

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G io, Ofi » inoli dahifarc, , 

Fui. Mm'aviite da fà essere acciso a rame potè* 
remmo l .1 Grò. No V* è ; lifnore. 

Fui. E ghiaimnonceone , a noinme de spala 
neuorpo. G te. Andiamo, riatti’ ' . 

, . j SCENO,. iX. . 

ì* .Altra stanza eo/i lumi. 

D. Alfonso i e D. Lopez. 

Alf. Eccovi nipote la stanza assegnata per duci- •. 
lo. Cimentatevi col vostro avversario» che poi 
sarà mia cura, di fare eh e il tutto riesca a he* . 
teline. ■ ria* ..... 

Lop* Che ha inteso dire aio Zio, che il tatto 
debba riuscire a lieto fise, lo boq capisco»» 
M* D. Giavanni non viene . . Che volesse.* 
ehi, sento ronuore . .Eccolo per l 1 appunto, l 
■ ' ■ : 7 , SCENA X. .. v 

P oleine llà + e detto* 

Fui. Si ■ avanza pauroso* < 

Lop. Avanzatevi D. Giovanni» 

Pii! Gnorsì , eccomi cc£. .*• 

Lop. Ma voi par che tremate ? 

Puf. lo no Iremmo, è ne terzana c Ire com'è al- . 

ferrata justo a sto momento. 

Lop. Perchè andate guardando attorno timido 
e sospettoso 7 

Fai. (Kce volesse no, e chiile diavolo de lo pa. 

' troue, no cc’ avesse da veni.)- 

Lop. D. G o vanni , noi dobbiamo duellarci. . ... ; 

Puf. Gih. » 

Lop. Avete a dirmi qualche coso prima di bat- 
terci ? ' 

* * 

Fui Oh., paricehie cose» - 
Lop. E sarebbero 7 [ 

Fui. Nnje mo pecchè voliamo- mettere lo sa* 
nith noeta «questione ^ lu vece de Ja lo doviel- 
io co le sp«ts, damuioce quatto ponie ncop- 
p • 1 uocchie , e po (rasi mini nceoue dmV a- 
na. taverna, e Uè nce facimnro «cenuere la col», 
lera a )}§*<: io > co na bona mangiata. 



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Lop. >lo norr so quel che <fitei A noi;- . v 
Puf. Aspè , cocaine vaje de presta.. E non bua 
prunaie . . ’ ' * . ,-.V - , - . 

Zop. Avete ragione. Ecco if min petto. jfc 
scopre. €i è niefke ? 

Pii/. GrmrsV.- *i Lop. E che cosa? 

Vul. La cammisa no poco sfanokllar 
£op. Lasciatemi federe il vost*io.7 j . .... 

L C ®f 5 P OZ2 ’ all.a«à quatta cria far e>\ 

C & bìl chillb quanncr maniera* vene. \ 

Lnp. A. noi. Puh A nule Lop. Ah . . 
*L>ul. Ponta nterra. Lop. E perchè ? 

Pai. "Virò sapè la verità-, io* si noo m’ arrangia 
non pozzo duella, dirume pecche oc’ appio. 

- eecammo, ca accessi tmne n famose t’accrdo. 
Lop. E bene , io uccisi vòstre fratello. 

Pul. Tanto poteva essere,- che isso accedeva *• 
te , ed era lo stesso , ucopp’a eheslo no sanate' 
* *ee“ po«n piglili collera./' »r* >i 

Lop. Amoreggiai con vostra sorella. 

Puh E essa non se fosse fatta amoreggiar ^ 
Lop. ì/ì a voi non vi sdegnate ? 

Pul. E che buè sdegna ? : - 

Lop. Dunque *non ci batteremo 
PuL Io so fatto acoossi , non so ta alò» fa cèfo 
od arraggiarme. Dinante quatto mmale parole, 
che accossi pò essere che Imme nfoco e tira 

“ an f-..^ y,d f. ch ’ a 88 i< * da fa pe pigli* riempo, 
e eh il lo mbiso no bene,) : . * -, 

Lo». E bene , voi siete un vile. 

Pai No vile y sissignore. 

Lop. En melenso. > puh Sfelènab e.«i«ióv 
Lop. Un codardo.- > . r 

Pul. Coda de lardo f Tira inano; 

Lop. A nor. u Puh Ponta n terra. >v . 

Lop. Che fai i - 

Pai. Tu cornine aje ditto? 

Lop. Che siete un codardo. »i,.< t ! ,, 

*° »veva atrio. coda de lardo*. Va bnonrciW 
Lop. Ma D. Giovanni, .voi noA ivi »H#rat« mai. 


«I 

Fui. E cornine m’aggio da altera , si fu dice 
, lempe la vcrilh. •!>'-/ -:»<••» . J 

Lop. Non ho più sofferenza. A noi. 

Fui. (E hi chillo ma fittolo .ai vene.) Ma tu «ai 
co chi comballe ? ' Lop, Lo «o. 

Fui. Combatte eo D .. Giovanne, gridando, ] 
Lop. Lo «o , non gridate. . > ■ 

Fui. Tu non saj.e ehi è Sk. Giovanni. gridando, 
Lop. Lo io. *■ ~ ! 

Fui. Non iaje lo valore de D» Giovanni, o . r. 
SCENA XI. 

D, Giovanni alla porta, e detti . : m > 

Gio, Di nascosa a Pulcinella *■ (Fa smorzare it 
lame. ) . • . . ' r [•' > 

Fui. Ah gran ni iberno mariunciello, tu co naico te 
h volivé piglia. A ouje, 

Lop. A noi. Fui. Poma nterra* 

Lop. Un altra Volta 1:E perchè? • 

Fui. Dinante na cosa , tu a fraterno cornine Fae- 
cediate T Lop. L’ uccisi al bojo.' . 

J*a/, L’accidiste co li vnoje. Lop, A4 Tene oro» 
Fui. E all’ oscuro t’ aggio d- uccidere- »al|m»e U 
te, che perciò stuta la oannela. - 

Lop. Come volete. va n. timor tare il lume, Pai* 
cintila ti ritira , si avanza D. Giovanni e 
combatte con D. .Lopez. b-ì 

SCENA XII. "s ‘•rf% 
Colombina prima dentro^ pai fuori, e detti . 
Coi. di dent. ftommore de spaici Mo vengo, 
ino vengo. B, Giovanni nel sentire Colombi- 
na si ritira, e fa uscir • Pul . a combattere . -- 
Pai. facendo tozzi colla spada. Ah-, ah..» 
Col. fuori. Uh, voje che facètrl il r : 

Lop . Gi stiamo- -duellando.' •->■» -«i :U •••*■>'» 

Pul. Sto accedermi» a ria cestunia. .! or 
Col. D. Giova lasseteme vede no'pocov t 
Fui. Vi che amo golio è benuto a cbesio. Vat» 
tenne figlia mia. : * ■ ; : ri, »i * ,,s > 

Lop. Ritirati Colombina ,- *be D Giovanni vuoi 
combattere all’ oscuro. '> .U » i«' •« " 



Col. Embè cornine v od ite ,vuje. .Si ritira, f tvr^ 

• ria il duello come prima , indi Colombina, di 
nuovo d«i dentro , poi fuori- E u’dula vol*! 
Mo vengo. Mo vengo.' 

Gio, si -ritira copie soprp. -, v , 4 . ,• 

JLop. fiitìMt» Colombina,,; ' 
Col. P. Giovi, Jassaiecue vede no .cartoccio/ * ; 
Pai. Valicane- Col. Na finta cavala. 
fui. E non te ne yuò ire a bonor*. ,.,4 ■ 

Col. Oh j e comme site arraggiuso 1 Pe na co- 
sa dp niente . . , i, 

Lop. fi» tirali Colombina. . c : 

Col. Eccome ceà , mo mine ne ( vaqo. Si .ritira 
tornano di nuovo a duellare* S y 

SCENA .ULTIMA. . ' V 

Alfonso , Colombina con lumi t 1 

Eleonora , è detti*. . \ 

AIJ- E così . . E così . ..Signori miei . . Che vede! , 
fop. Qual tradimento 1 ( <t jdlf* P«e contro uno d v > 
Gio. No, io solo ho conaJbi.Uuto con D. Lopea.v i 
Alf. D. .Giovanni . .. . 

Pul. Signori miei , volile sapè ja verità \ vuje 
co chi roìtvevo combattere? a P Lopez* 
Lop. Con D. Giovanni. 

Pul. E D. Giovanne dristo è isso ; io sò Ptt- 
lecenelia !o oriate sujp. 4lf, Come ! 

Eie. C.he seuto ! " f?òC. Oh marame;! 

Gio. E bene, giacche il inio servitore mi ha aco • 
verto, si, sappiatelo pure, io sono D. Giovan- 
ni d’ Alveràdo, questi è Pulcinella il mio ser* 
vilore, da me fatto fingere la mia penosa per 
ispiare gli andamenti di D. Eleonora. 
s4lf. Ah D. Giovanni voi . . 

Gio. Volete tornare al duello? 

Lop. No D. Giovanni, se mi perdonate. . 

Alf. Si , perdonarvi egli deve , l’avervi ucciso 
00 fratello non fu che-uDa disgrazia. D. Gio- 
vanni voi sposate mia figlia , D. Lopez darV 
la mano a vostra sorella. 

Gio. Ma come . se mia sorella non ti trova,, 



jilfi Ella è in #a«a .mVi , ,-ci venne jeri appunto. 
G-ìo- Quando dunque è cosi , -ppu mi resta che 
.domandare all* amabile D. Eleonora , se , ella 
mi vuole. • / . "' v »• 

;£7e. Si , anzi a voi era indinata , ji<>n già a 
quello brutto babbuino del , vostro servo. • ' - 
P'uI.'Ma He grazie. ' -• * -* 0 

,Col. Ala ehi sto «o è no trademiento. Vuje mW 
vite prommiso . . - - » .• . V » 

<Gio. io li promisi fbe quairdo O. Giovanni spOi»> 
sava D. Eleonora, tu avresti sposato Pulci». . 
nella. D. Giovanni son io, questi è -Pulcini- * 
la, diamoci dunque -le mani. > 

Gol. Ch’ aggio da fa , mix»’ arrenimedio. 

^4lf. Via datevi le mani. 

Eie. Eccola caro sposo* 

Gio. Ed ecco la mia. 

Pul. Stienneme sta granfa. 

Col. Teccotella marito mio aggarbato. 

Alf. Orsù, un lauto pranzo sollennizzerà questi 
sponsali. Si dia bando alla mestizia, e si gioi- 
sce in seno alla pace ed alla più. perfetta 
felicità. 


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